Abstract
È noto che sul mercato delle assicurazioni sanitarie il moral hazard genera una significativa perdita secca .
Quanto il moral hazard spinga la quantità di servizi sanitari effettivamente consumati oltre la quantità ottimale per la società dipende sia dall’entità della compartecipazione dell’assicurato alle spese ,sia dall’elasticità dell domanda di cure. Un tempo si pensava che questa elasticità fosse vicina allo zero: che , cioè ognuno di noi andasse semplicemente dal medico quando stava male e non ci andasse quando stava bene. Ma questa idea è stata smentita da vari decenni di studi economici di tipo empirico .
Prima di tutto la domanda di cure è sensibile al prezzo : gli individui iscritti al piano che offriva cure gratuite utilizzavano circa il 30% di cure in più rispetto a chi doveva pagare di tasca propria il 95% di quelle cure . Questo dato ha fatto ritenere agli economisti che l’utilizzatore tipico dei servizi sanitari reagisce a un cambio di criteri di compartecipazione alle spese .
Perciò una conclusione in generale in tema di polizze sanitarie può portare a sostenere che una politica sanitaria ottimale lascia a carico del paziente una quota importante dei costi sanitari fino al raggiungimento di limiti di spesa che egli è in grado di sostenere e lo assicura totalmente sui costi insostenibili . Questo schema è ottimale ,in quanto una copertura fino all’ultimo centesimo comporta scarsi benefici in termini di stabilizzazione dei consumi, ma forti costi in termini di moral hazard. La copertura totale , quindi , non comporta grandi vantaggi nello stabilizzare i consumi ,ma ha costi significativi di moral hazard , in quanto spinge gli individui a un utilizzo eccessivo del sistema sanitario , a chiedere cioè servizi i cui costi sociali sono superiori ai benefici sociali . In altri termini coprire le piccole spese sanitarie genera pochi benefici ( in quanto la stabilizzazione dei consumi rispetto a piccoli rischi non vale molto per il diretto interessato ) ma implica costi notevoli ( in quanto induce quella persona a utilizzare i servizi sanitari anche quando il beneficio marginale , aggiuntivo , è inferiore al costo marginale): il piano assicurativo ottimale , pertanto , non rimborsa all’assicurato le spese mediche minori , ma gli garantisce ( gli dovrebbe garantire ) la copertura delle grandi spese ( e lo dovrebbe fare in modo effettivo proprio perché sono “ grandi “ cioè diciamo per anticipare alcune conclusioni , non con un’assistenza indiretta che potrebbe far gravare “ costi insostenibili “ sul malato ) . Gli garantisce la copertura, effettiva , delle grandi spese , che sono anche quelle associate a maggiori benefici in fatto di stabilizzazione dei consumi e minori possibilità di moral hazard( si pensi all’infarto ).
Lo studio esamina questa tematica connessa alle caratteristiche della polizza vigente per il notariato.
Sommario
Impostazione del problema. – I° paragrafo. Asimmetria informativa ed equilibrio separating. Una possibile soluzione per la polizza sanitaria del notariato. – II° Paragrafo. Un’altra soluzione (provvisoria) per la polizza sanitaria del notariato. Conclusioni
di Francesco Felis | Notaio in Genova
Impostazione del problema
La polizza sanitaria del notariato, come anche risulta dal sito, della Cassa Nazionale del Notariato, prevede due piani sanitari: il primo detto piano sanitario base collettivo e gratuito a favore dei notai e dei pensionati (con esclusione dei familiari) per i Grandi Interventi Chirurgici (cosiddetti GIC), i Gravi Eventi Morbosi (cosiddetti GEM), la Non Autosufficienza, le Cure Oncologiche e di Follow up, le Prestazioni Extraospedaliere di alta diagnostica e di Prevenzione. Un secondo piano sanitario integrativo (single e family) ad adesione volontaria e con contributo a carico del titolare che completa le prestazioni base con prestazioni aggiuntive a copertura del Ricovero Medico e Chirurgico, del Parto naturale o cesareo, delle Visite Specialistiche, Diagnostica e Fisioterapia, del Pacchetto Maternità, delle Protesi Ortopediche e degli Apparecchi Acustici ed, infine, delle Cure Odontoiatriche in convenzione. Il secondo, quello integrativo (single e family) ad adesione volontaria e con contributo a carico del titolare completa le prestazioni base con prestazioni aggiuntive a copertura del Ricovero Medico e Chirurgico, del Parto naturale o cesareo, delle Visite Specialistiche, Diagnostica e Fisioterapia, del Pacchetto Maternità, delle Protesi Ortopediche e degli Apparecchi Acustici ed, infine, delle Cure Odontoiatriche in convenzione. Vorrei esaminare alcune criticità, perché, come dirò una polizza sanitaria ottimale, secondo la definizione degli studiosi di economia dovrebbe avere certe caratteristiche e soprattutto dovrebbe assicurare con certezza verso certi interventi ed ad un tempo scoraggiare il possibile incremento di costi, che possono derivare da una generalizzata gratuità (almeno nel caso di specie, per la versione base). Gratuità che può incidere, non solo ai fini di un aumento di spesa ma anche ai fini delle prestazioni effettivamente erogate. Le compagnie di assicurazioni, se si spinge molto con atteggiamenti che favoriscono il c.d. moral hazard possono o non offrire più la polizza, o offrirla a condizioni che a un certo punto diventano insostenibili o non offrire di fatto certe prestazioni o fare in modo che i ritardi nelle stesse prestazioni, i forti anticipi di spesa cui vengono costretti gli assicurati, li costringono a rinunciare a ricorrere alla polizza.
È noto che sul mercato delle assicurazioni sanitarie il moral hazard genera una significativa perdita secca (1). Le assicurazioni non conoscono le condizioni sanitarie e fisiche dei possibili soggetti che vorrebbero assicurarsi.
Quanto il moral hazard spinga la quantità di servizi sanitari effettivamente consumati oltre la quantità ottimale per la società dipende sia dall’entità della compartecipazione dell’assicurato alle spese, sia dall’elasticità della domanda di cure.
Un tempo si pensava che questa elasticità fosse vicina allo zero: che, cioè ognuno di noi andasse semplicemente dal medico quando stava male e non ci andasse quando stava bene.
Ma questa idea è stata smentita da vari decenni di studi economici di tipo empirico.
I migliori dati empirici sull’elasticità della domanda di cure sanitarie provengono da un esperimento, l’Health Insurance Experiment (HIE), condotto dalla società Rand a metà degli anni Settanta in varie località degli Stati Uniti. Agli individui sono stati assegnati in modo casuale piani assicurativi con percentuali diverse di compartecipazione dell’assicurato alle spese mediche, prevedendo però un esborso massimo: oltre tale limite massimo le eventuali spese sanitarie dell’assicurato sarebbero state completamente coperte. Lo studio ha dato risultati considerati sorprendenti (2).
Prima di tutto la domanda di cure è sensibile al prezzo: gli individui iscritti al piano che offriva cure gratuite utilizzavano circa il 30% di cure in più rispetto a chi doveva pagare di tasca propria il 95% di quelle cure. L’elasticità implicita complessiva riscontrata dallo studio era di 0,2, il che significa che ogni aumento del 10% della quota a carico degli individui riduceva del 2% la domanda di cure.
In secondo luogo, chi – grazie al prezzo più basso – utilizzava maggiormente i servizi sanitari non riportava, mediamente, alcun significativo miglioramento di salute.
Questo dato ha fatto ritenere agli economisti che l’utilizzatore tipico dei servizi sanitari, nel momento in cui reagisce a un cambio di criteri di compartecipazione alle spese, si trovi come dicono gli economisti sul tratto piatto della curva di efficacia (3). Ma ciò non implica che quell’assicurazione non abbia alcun valore, visto che una volta raggiunta la soglia di esborso massimo l’assicurazione offre copertura completa delle spese. I risultati dello studio indicavano che, se gli individui hanno una copertura assicurativa per le spese maggiori, le eventuali variazioni della quota di compartecipazione alle spese minori non sembrano influenzarne la salute.
In terzo luogo, chi aveva malattie croniche e un reddito che non gli consentiva di finanziare facilmente la compartecipazione alle spese sanitarie andava incontro a un peggioramento di salute.
Un risultato confermato anche da studi più recenti (vedi Gruber, 2007), che sembra suggerire che la compartecipazione alle spese rischia di aggravare lo stato di salute di chi soffre di malattie croniche che sarebbero curabili. Anzi, da alcuni studi emerge che nel caso dei malati cronici un aumento della quota di compartecipazione finisce addirittura per aumentare i costi sanitari totali, in quanto il minor consumo dei farmaci prescritti e il diradarsi delle visite mediche portano ad un peggioramento della salute, e quindi a lunghi periodi di ricovero ospedaliero.
Un esempio di questo tipo di ricerche emerge da uno studio (4), che ha analizzato gli effetti dell’aumento della compartecipazione ai costi delle visite mediche e dei farmaci sui dipendenti pubblici in pensione in California. Ne è emerso che tutti i pensionati hanno nettamente tagliato sia le visite sia il consumo di farmaci, e dunque la spesa sanitaria totale. Ma a fronte di ciò, nel caso di pensionati con disturbi cronici si è riscontrato un aumento della spesa ospedaliera: si può presumere che il calo dei trattamenti ambulatoriali abbia prodotto un aumento dei trattamenti ospedalieri sufficientemente forte da annullare i risparmi dovuti al minor uso di medici e farmaci da parte dei malati cronici.
Allora giungiamo ad alcune prime conclusioni in generale in tema di polizze sanitarie.
Diverso sarebbe il discorso se parlassimo di Servizio sanitario nazionale sul tipo inglese o italiano.
Limitiamoci al tema polizze sanitarie e vediamo in prima approssimazione alcuni punti, per poi proseguire. Abbiamo appurato, come già detto all’inizio, che sul mercato delle assicurazioni sanitarie il moral hazard genera una significativa perdita secca.
Perciò come primo punto dovremmo affermare che:
1- Una politica sanitaria ottimale lascia a carico del paziente una quota importante dei costi sanitari fino al raggiungimento di limiti di spesa che egli è in grado di sostenere e lo assicura totalmente sui costi insostenibili.
Questo schema è ottimale ,in quanto una copertura fino all’ultimo centesimo comporta scarsi benefici in termini di stabilizzazione dei consumi, ma forti costi in termini di moral hazard.
La copertura totale non comporta grandi vantaggi nello stabilizzare i consumi, ma ha costi significativi di moral hazard, in quanto spinge gli individui a un utilizzo eccessivo del sistema sanitario, a chiedere cioè servizi i cui costi sociali sono superiori ai benefici sociali.
In altri termini coprire le piccole spese sanitarie genera pochi benefici (in quanto la stabilizzazione dei consumi rispetto a piccoli rischi non vale molto per il diretto interessato) ma implica costi notevoli (in quanto induce quella persona a utilizzare i servizi sanitari anche quando il beneficio marginale, aggiuntivo, è inferiore al costo marginale): il piano assicurativo ottimale, pertanto, non rimborsa all’assicurato le spese mediche minori, ma gli garantisce (gli dovrebbe garantire) la copertura delle grandi spese (e lo dovrebbe fare in modo effettivo proprio perché sono “grandi” cioè diciamo per anticipare alcune conclusioni , non con un’assistenza indiretta che potrebbe far gravare “costi insostenibili” sul malato) . Gli garantisce la copertura, effettiva, delle grandi spese, che sono anche quelle associate a maggiori benefici in fatto di stabilizzazione dei consumi e minori possibilità di moral hazard (si pensi all’infarto).
A questo schema di fondo i risultati dello HIE e di studi successivi aggiungono un elemento: la partecipazione del paziente alle spese va congegnata in modo da incentivare le cure appropriate e scoraggiare cure inappropriate.
Perciò se certe cure (o certi farmaci) si possono ricevere in certi centri è inutile e controproducente non assicurare certi farmaci o le cure in determinati centri o strutture per prevederle in centri o strutture diverse. Una riduzione della partecipazione del paziente ai costi dei farmaci, per esempio, può risultare efficace in caso di malattie croniche, e ottimale anche in tutti i casi in cui si vogliono sussidiare azioni di prevenzione che possano scongiurare trattamenti più costosi in futuro.
2- come secondo punto non bisogna dimenticare che l’assicurazione sanitaria viene chiesta per tutelarsi in caso di problemi di salute e relative spese mediche, non tanto per avere un rimborso delle spese cioè un semplice ristorno di somme anticipate, che dipendono dal reddito di ciascuno. Perché se si stipula un‘assicurazione sanitaria lo si fa o perché si pensa che il reddito possa non essere sufficiente (anche se la ricchezza lo può essere, ma dovrebbe essere liquidata, con un effetto ricchezza negativo che potrebbe determinare una minor quota di consumi, cioè anche problemi macroeconomici) o le cure possono avere ad oggetto “costi insostenibili” e perciò il premio assicurativo diventa, appunto, una salvaguardia, per avere le cure.
Certamente soprattutto sui mercati assicurativi esiste sempre un problema di asimmetria informativa (vale a dire una differenza tra le informazioni disponibili tra chi domanda e chi offre assicurazione): basta richiamare il noto saggio del 1970 sul mercato delle auto usate dell’economista e premio Nobel George Akerlof (5).
3- Fin dove una polizza sanitaria dovrebbe coprire le spese? La copertura ottimale di un’assicurazione dipende dai trade- off tra i guadagni in termini di stabilizzazione dei consumi e i costi in termini di moral hazard. La generosità della copertura in campo sanitario, in genere, si misura guardando alla quota di spese sanitarie oggetto di rimborso.
La generosità delle assicurazioni ha soprattutto una dimensione: il rimborso ai pazienti. Quale frazione della spesa sanitaria è a carico dell’assicuratore, e quale viene sostenuta dal paziente attraverso meccanismi come la franchigia o la compartecipazione fissa o variabile alle spese? Un piano assicurativo generoso offre una copertura fino all’ultimo centesimo, garantendo ai fornitori sanitari un rimborso totale senza costi a carico del paziente. Piani assicurativi meno generosi escluderanno dal rimborso alcuni servizi, costringendo i pazienti a sostenere l’intero costo o fissando una soglia di spesa a loro carico. Quale quota delle spese sanitarie dovrebbe essere rimborsata al paziente?
Un’altra dimensione della generosità di una polizza sanitaria riguarda il rimborso ai fornitori sanitari: come dovrebbe avvenire? L’assicuratore dovrebbe pagare l’intero importo richiesto dal fornitore, oppure porre dei limiti al rimborso?
4- È chiaro il vantaggio offerto da una polizza agli assicurati: il suo valore per chi è avverso al rischio consiste nello stabilizzare i consumi indipendentemente dal costo di possibili eventi sanitari. Ma, posto i costi delle polizze sia per gli utenti sia per le compagnie di assicurazione, bisogna tenere conto di due principi. Uno è quello, come già detto, che una polizza ottimale è quella, soprattutto se vi è la presenza anche di un sistema pubblico, di lasciare a carico del paziente una quota più o meno importante dei costi sanitari fino al raggiungimento di limiti di spesa che egli è in grado di sostenere e lo assicura totalmente sui costi insostenibili, cioè appronta un sistema per le cure importanti e non per le spese mediche minori. L’altro è che una polizza fornisce, proprio per questo, per le cure importanti, al limite con una compartecipazione variamente conformata, la cura più che un rimborso cioè una somma. Proprio perché si tratta di cure rilevanti.
Gli eventi sanitari non sono tutti uguali: una rapida visita di controllo è meno importante e più prevedibile, per esempio, di un ricovero in ospedale per infarto.
L’idea chiave della teoria dell’utilità attesa, cui si informa lo stesso concetto assicurativo, è che l’assicurazione abbia molto più valore quando copre gli eventi medici del secondo tipo, mentre una copertura dei (piccoli) eventi del primo tipo ai fini di una stabilizzazione dei consumi vale relativamente poco.
Perciò una polizza che rimborsi le spese fino all’ultimo centesimo non offre grandi vantaggi rispetto a una polizza che lasci invece a carico dei pazienti le piccole voci di spesa sanitaria e preveda l’intervento dell’assicurazione solo quando si deve far fronte ai grandi costi di eventi di maggior peso.
E questo quando soprattutto si ha a che fare con una categoria come quella notarile (che vuole coprire anche i pensionati che spesso hanno un reddito più basso) che vuole coprire “i piccoli eventi” che per le sue condizioni reddituali li può anche affrontare in media, mentre i grandi eventi (certi interventi cardiaci o ortopedici o tumorali o di neurochirurgia richiedono in certi centri dove solo possono essere affrontati stante la loro complessità anche perché in Italia i centri di eccellenza sono mal distribuiti) richiedono un anticipo di spesa cui il reddito medio (mediano, meglio) può non farvi fronte.
Due sono, in particolare, i motivi per cui perseguire formalmente una copertura totale di piccoli e prevedibili eventi sanitari offre scarsi benefici nello stabilizzare i consumi. Il primo motivo è che, in una prospettiva di avversione al rischio, l’utilità di assicurarsi contro un rischio modesto è scarsa: la disutilità del pagamento di premi per tutelarsi da rischi lievi è grosso modo equivalente all’utilità di essere assicurati contro quei rischi. Si può dire che assicurarsi contro rischi modesti offra pochi vantaggi in termini di stabilizzazione di consumi, in quanto piccole variazioni di consumi sono associate a un’esiguità utilità marginale decrescente: la minore utilità dovuta a una riduzione dei consumi pari ad 1€ è all’incirca equivalente alla maggiore utilità dovuta a un incremento dei consumi pari ad 1€. Quando i rischi implicano minime diminuzioni di reddito, dunque, gli individui, anziché avversi sono “neutrali rispetto al rischio”.
Il secondo motivo per cui quando le spese mediche sono limitate e prevedibili una loro copertura (più o meno totale) offre scarsi benefici di stabilizzazione dei consumi è che sostenere queste spese attraverso forme di autoassicurazione (personali cioè) è molto più facile che far fronte a eventi sanitari importanti e/o imprevedibili. È possibile risparmiare (o avere un reddito) in anticipo il denaro necessario per pagare una visita medica, un esame, ma è molto inefficiente risparmiare 200.000€ o 50.000€ o 30.000€ per far fronte alla piccola probabilità di avere un infarto o un intervento di neurochirurgia.
Ciò posto, abbiamo verificato quale potrebbero essere le caratteristiche generali di una polizza sanitaria che, in presenza di un servizio sanitario pubblico, sarebbe meglio si concentrasse su certi eventi e cure (quelle dai costi insopportabili in base ad un reddito mediano di un certo ammontare) magari prevedendo compartecipazioni differenziate o forme analoghe, tenendo conto che per questi eventi è non solo più difficile che si verifichino ed è più difficile affrontarli ma soprattutto è più difficile che il paziente ricorra a forme di abuso . Il moral hazard (anche i fenomeni da malato immaginario che abusa di cure) sono meno usuali per interventi cardiaci o di neurochirurgia (chi ci si sottopone se non è costretto e l’intervento non è fondato si potrebbe domandare e comunque è più facile controllare la fondatezza.
I° Paragrafo. Asimmetria informativa ed equilibrio separating. Una possibile soluzione per la polizza sanitaria del notariato.
Esponiamo prima di tutto alcuni concetti del mondo delle assicurazioni dei quali ho già avuto modo di parlare e ai quali ho fatto riferimento nell’ impostazione che precede per poi vedere come operano per la polizza sanitaria notarile e se la stessa è congruente.
1.Il valore delle assicurazioni per gli individui è una conseguenza del principio di “utilità marginale decrescente”: l’utilità marginale del consumo diminuisce all’aumentare del consumo stesso. Per ciascuno di noi, mangiare la prima pizza o il primo gelato dà un beneficio aggiuntivo maggiore rispetto al mangiare la quinta o il quinto.
Questo assunto porta significa che di fronte alla scelta tra due anni di consumo costante, pari a quello medio, e un anno di consumo sovrabbondante e un anno di fame, chiunque preferirà la prima opzione. Due anni di consumi in linea con la media appaiono preferibili, in quanto un consumatore eccessivo incrementa l’utilità meno di quanto la fame la riduca. Insomma gli individui preferiscono una “stabilizzazione dei consumi” trasferire cioè una parte dei propri consumi dai periodi in cui sono alti (e, dunque, la loro utilità marginale è minore) ai periodi in cui sono bassi (e, dunque, la loro utilità è maggiore).
Quando gli eventi futuri sono incerti, gli individui preferiscono stabilizzare i propri consumi nei diversi possibili “stati del mondo”.
Se l’utilità viene massimizzata in modo da mantenere il livello dei consumi costante dal primo al secondo anno, è anche vero che l’utilità viene massimizzata in modo da mantenerla costante a prescindere dall’esito di un qualche evento oggi avvolto nell’incertezza.
Pensiamo ad un individuo e alla probabilità che venga investito da un’auto e debba di conseguenza sostenere forti spese mediche. I possibili scenari sarebbero due: che quella persona venga investita o che non venga investita. Quella persona dovrà fare una scelta, che domani influenzerà i suoi consumi in entrambi possibili stati del mondo (incidente si/incidente no), in modo da massimizzare ex ante, cioè a partire dalla situazione iniziale, l’utilità che ne trae.
Gli individui definiscono i propri consumi nei vari stati del mondo in modo da utilizzare oggi una parte dei propri redditi per acquistare una polizza che li assicuri contro un eventuale esisto avverso domani. Stipulando una polizza assicurativa, ci si impegna a versare del denaro (premio), a prescindere dall’effettivo stato del mondo futuro, in cambio di un vantaggio (risarcimento) che si riceverà solo qualora l’esito oggi avvolto nell’incertezza dovesse rivelarsi avverso, ossia per ritornare all’esempio, l’incidente dovesse realizzarsi. Quanto maggiore è il premio pagato all’assicuratore, tanto maggiore sarà, in caso di esito avverso, il risarcimento che l’assicurato riceverà da parte dell’assicuratore. Decidendo quanta assicurazione acquistare, gli individui possono così trasferire i propri consumi da uno stato del mondo all’altro. Per esempio, acquistando molta assicurazione un individuo trasferirà i consumi dallo stato del mondo a esito “positivo” (in cui si limita a pagare dei premi) a quello a esito “negativo” (in cui riceve un risarcimento a fronte dei premi pagati).
L’indicazione di fondo che emerge dalla teoria elementare delle assicurazioni è che gli individui preferiranno essere “completamente assicurati, in modo da stabilizzare i propri consumi tra i vari possibili stati del mondo”. In un mercato assicurativo perfettamente funzionante, gli individui preferiranno acquistare un’assicurazione in modo da mantenere costante il livello dei propri consumi, indipendentemente dai possibili eventi negativi che dovessero verificarsi (per esempio essere investiti da un’auto). Dato il principio di utilità marginale decrescente, agire in questo modo garantisce agli individui un livello di utilità maggiore rispetto all’eventualità che un possibile incidente intacchi i loro consumi.
L’idea di fondo, quando sopra ho parlato di stabilizzazione dei consumi, di polizza ottimale ecc. … è che è meglio avere un consumo costante in qualsiasi stato del mondo che avere un consumo alto in uno stato del mondo e basso in un altro (si potrebbe dire che, forse, è la favola della cicala e della formica).
Gli economisti usano questo meccanismo per rappresentare le scelte in condizioni di incertezza: il modello dell’utilità attesa. Supponiamo di avere a che fare con un esito incerto e indichiamo con p la probabilità di un esito avverso. La funzione di utilità attesa, detta EU – expected utility-, assume questa forma:
EU=(1p) x U (consumo in caso di evento non avverso )+pxU(consumo in caso di evento avverso).
Usiamo questo modello per analizzare la decisione individuale sull’acquisto di un’assicurazione. Tizio ha una probabilità dell’1% (p=0,01) di essere investito da un’auto e riportare lesioni che comportino 30.000€ di spese mediche. Tizio può scegliere se assicurare tutte, alcune o nessuna delle potenziali spese mediche, ma ogni euro di spese mediche gli comporterà m centesimi di premio assicurativo.
Quindi se Tizio acquista una polizza assicurativa che in caso di incidente gli garantisce un risarcimento di €b, dovrà pagare un premio di €mb. Per esempio, se assicurerà completamente il rischio, pagherà m x €30.000. Se Tizio decide di assicurarsi, nello stato del mondo in cui non verrà investito si troverà ad avere €mb in meno rispetto a quanto avrebbe avuto se non si fosse assicurato; mentre nello stato del mondo in cui verrà investito, avendo pagato un premio di €mb e ricevendo dall’assicurazione un risarcimento di €b per spese mediche s i ritroverà ad avere €b-mb in più rispetto al caso in cui non avesse acquistato l’assicurazione. In pratica, per Tizio acquistare un’assicurazione è un modo di trasferire parte dei propri consumi da una situazione in cui non viene investito (e dunque ha consumi elevati, la cui utilità marginale è bassa) ad una situazione in cui viene investito (e dunque ha consumi più bassi, la cui utilità marginale è elevata).
L’interesse di Tizio a spostare parte dei propri consumi dalla situazione “incidente no” a quella “incidente si” dipende da quanto gli costa assicurarsi. Ipotizziamo che le compagnie chiedano un premio unitario attuarialmente equo, pari cioè alla probabilità dell’evento negativo. Questo assunto implicherebbe che gli assicuratori non debbano sostenere alcun costo amministrativo e non ricavino dalla propria attività alcun profitto, limitandosi a convertire i premi incassati in risarcimenti su richiesta.
Se per esempio il rischio che l’assicuratore debba pagare €30.000 è dell1%, il risarcimento atteso sarà pari a 0,01×30.000=€300, e ogni assicurato dovrà pagare questo premio. Se la probabilità d’incidente è dell’1%, l’assicuratore raggiunge il punto di profitti nulli (pareggio) a €300 di premio. Riscuotendo €300 da ogni assicurato, è in grado di risarcire per €30.000 una persona su cento (il risarcimento medio sarà di €300). Più in generale, per qualsiasi copertura pari a €b e probabilità di risarcimento pari a p, le compagnie di assicurazione applicheranno premi pari a €pxb.
La conclusione fondamentale della teoria dell’utilità attesa è che se i premi sono attuarialmente equi gli individui preferiscono un’assicurazione completa che stabilizzi i loro consumi a prescindere dagli stati del mondo.
Così anche se l’assicurazione costa, se il suo prezzo (premio) è attuarialmente equo gli individui referiranno assicurarsi completamente contro eventi avversi. Quando i premi sono attuarialmente equi, il mercato assicurativo produce un esito efficiente, “ossia un’assicurazione completa, che garantisce un identico livello di consumo nei vari stati del mondo”.
- 2. Una differenza importante tra gli individui riguarda la diversa disponibilità a sopportare il rischio: ossia l’avversione al rischio. Gli individui con una forte avversione al rischio (potrebbero essere ad esempio anche i notai anziani o in pensione) presentano una curva di utilità marginale del consumo con andamento decrescente molto ripido. In altre parole temono un calo dei consumi, e in uno stato del mondo positivo saranno disposti a sacrificare un certo livello di consumi pur di tutelarsi contro forti riduzioni dei consumi in uno stato del mondo negativo (quelli ad esempio per i quali sopra ho fatto riferimento come grosse spese mediche, che presentano costi insostenibili, spese per interventi di cardiochirurgia o di neurochirurgia, per i quali anche solo anticipare la spesa può portare forti riduzioni di consumi).
Il grado di avversione al rischio ha, in generale, un rapporto complesso con la forma della funzione di utilità; ma l’idea di fondo secondo cui un’utilità marginale che diminuisce rapidamente equivale a una maggiore avversione al rischio è un principio generalmente valido e utile.
Gli individui meno avversi al rischio hanno invece un’utilità marginale dei consumi che decresce più lentamente: quando le cose vanno bene non sono disposti a fare grandi sacrifici per tutelarsi contro un eventuale peggioramento della situazione (per esempio i notai giovani).
Quando l’assicurazione ha un prezzo attuarialmente equo, tutti gli individui saranno disposti ad acquistarla, indipendentemente dal grado di avversione al rischio. Se l’utilità marginale è decrescente, egli preferirà sempre stabilizzare i consumi.
Quando invece i premi assicurativi non sono attuarialmente equi, probabilmente chi è più avverso al rischio preferirà assicurarsi e chi lo è meno vi rinuncerà. Chi più è avverso al rischio (notai anziani o notai in pensione) è più disponibile a fare sacrifici quando le cose vanno bene per assicurarsi contro un loro eventuale peggioramento.
- 3. Immaginiamo due gruppi di 100 persone. Al primo gruppo appartengono i tipi sbadati e distratti, che attraversano la strada senza fare molta attenzione. Essi hanno la probabilità del 5% di essere investiti. L’altro gruppo comprende tipi prudenti, che guardano sempre. I membri del secondo gruppo ha una probabilità di essere investito che scende allo 0,5%.
L’effetto sul mercato assicurativo dipende dal grado di informazione relativa di cui dispongono gli individui e la compagnia di assicurazione.
- Supponiamo che sia la compagnia sia gli individui dispongano di informazioni complete (simmetriche) su chi attraversa con prudenza e chi no.
In questo caso la compagnia applicherà prezzi diversi, attuarialmente equi, a chi fa parte rispettivamente del gruppo dei distratti o di quello dei prudenti (notai anziani o in pensione o notai giovani potrebbero avere prezzi diversi ma con la diversità e anche con maggior prezzo per gli uni assicurare “ai distratti” quelle cure dirette che, per stabilizzare i consumi, essi possono avere più bisogno potrebbe essere un’idea).
I primi pagheranno un premio di 5 centesimi per euro per assicurato, mentre i secondi il premio scenderà a 0,5 euro per ogni euro assicurato. O si può agire sulla franchigia o sulla compartecipazione alle spese, procedendo a differenziare.
- Supponiamo ora che la compagnia di assicurazione sappia che ci sono 100 individui sbadati e 100 individui prudenti ma non sappia in quale categoria si collochi un determinato individuo. In questo caso ci sono due possibilità.
La prima è chiedere a ogni individuo se è prudente o sbadato e poi offrire un’assicurazione a premi distinti.
Tutti dichiareranno di essere prudenti per cercare, tutti, di pagare un premio basso. A queste condizioni nessuna compagnia offrirà polizze. Ma perché non fornirgli le informazioni e fare in modo che la compagnia non possa differenziare?
In alternativa, la compagnia potrebbe riconoscere che non ha la più pallida idea di chi sia prudente o no, e offrire un’assicurazione a un premio pari al costo medio di tutti gli individui. Ma questo può portare a un premio o a condizioni contrattuali, più in generale medie cioè tra le quali la negazione di certe assistenze dirette per centri costosi dove le cure sono di qualità per eventi sanitari la cui presenza, però, può alterare profondamente il livello dei consumi. Penalizzando alcuni, come avviene quando si guarda alla media.
A parte il fatto che i prudenti potrebbero non voler acquistare l’assicurazione perché il premio (pari al costo medio) sarebbe un cattivo affare. Tra acquistare un’assicurazione che prevede un premio di X o condizioni contrattuali di X e non assicurarsi affatto, per loro sarebbe un cattivo affare dato che hanno solo una probabilità dello 0,5% di essere investiti. Perciò la metà dei prudenti, che ci tengono ad avere un’assicurazione totale contro il rischio di essere investita, si potrebbe ritrovare senza assicurazione
- L’asimmetria informativa porta necessariamente al fallimento del mercato?
Le compagnie di assicurazione sono sempre destinate all’insuccesso quando esistono asimmetrie informative? Non è detto.
Vediamo prima cosa sia il c.d. equilibrio separating (equilibrio di separazione) e poi i principi di base di come funzionano le assicurazioni sanitarie, soprattutto la quota a carico del paziente che può essere definita in tre modi: franchigia, compartecipazione fissa alla spesa, compartecipazione variabile alla spesa.
Così trarremo le fila di tutto il discorso fatto.
-Equilibrio separating
- Circa il primo punto, equilibrio separating, innanzitutto, gli individui sono generalmente avversi al rischio. Altrimenti, si potrebbe aggiungere a questo assunto della psicologia, se non lo fossero non penserebbero neanche ad assicurarsi. Chi è avverso al rischio attribuisce alla possibilità di assicurarsi contro esiti negativi un valore tale da essere disposto a pagare per una polizza anche un premio molto superiore a quello attuarialmente equo. O accettare condizioni contrattuali (franchigie o compartecipazioni più sfavorevoli).
La somma che l’individuo è disposto a pagare al di là del premio attuarialmente equo si chiama “premio di rischio”, che può comprendere anche condizioni contrattuali poco favorevoli.
Per riprendere il mio esempio, coloro che attraversano la strada con prudenza potrebbero essere talmente avversi al rischio (i notai più anziani o pensionati nel caso della polizza sanitaria) – e quindi timorosi di restare senza copertura assicurativa senza copertura assicurativa efficace, per esempio una copertura che li costringa ad anticipare (giovani o anziani che siano) somme che possono non avere o per via della giovane età o per via della loro anzianità e comunque di un reddito non adeguato – da essere disposti a pagare per una polizza il prezzo (premio) medio. Cioè ,se il premio attuarialmente equo di una polizza per i prudenti fosse di €150, ma il mercato fa pagare € 800 – chiedendo così al gruppo dei prudenti un premio di rischio di €650 – chi è avverso al rischio, o i soggetti sopraindicati, acquisterà egualmente un’assicurazione completa o almeno che abbia delle condizioni contrattuali che stabilizzino i consumi come detto e coprano effettivamente le ipotesi gravi senza dover subire sbilanci di reddito e cambiamenti dalla situazione di stato senza evento dannoso a quella con evento dannoso.
Tecnicamente, questa situazione si chiama “equilibrio pooling”. Si tratta di un equilibrio di mercato in cui tutti i tipi di individui acquistano un’assicurazione completa, o con certe caratteristiche contrattuali, ma a un prezzo che non è equo per tutti.
Questo equilibrio è un risultato efficiente: entrambi i tipi di individui sono totalmente assicurati, e l’assicurazione è disposta a offrire un’assicurazione.
Se invece non c’è l’equilibrio di pooling, la compagnia di assicurazione può affrontare il problema della selezione avversa anche in un altro modo. Può offrire prodotti differenziati a prezzi differenziati.
I soggetti sbadati si dichiarano prudenti per potersi assicurare più a buon mercato: così nasce il problema della selezione avversa.
La compagnia di assicurazione vorrebbe indurre gli individui a rivelare come sono davvero (sbadati o prudenti). Anche se i diretti interessati non sono disposti e rivelare spontaneamente in quale categoria si collocano, è possibile che ciò emerga implicitamente dalle loro scelte.
Supponiamo che una compagnia di assicurazione offra due polizze: una che copre totalmente i €30.000 di spese mediche associate ad un incidente e costa €1.500 o prevede sempre e comunque l’assistenza diretta per evitare esborsi (il premio attuarialmente equo per gli sbadati), e un’altra polizza che copre le spese mediche fino a €10.000 (con alcune strutture con assistenza indiretta) e costa €50 (il premio attuarialmente equo per quel livello di copertura per i prudenti).
Se i prodotti offerti sono questi due, probabilmente gli sbadati acquisteranno la copertura più costosa e i prudenti la meno costosa. Gli sbadati non vogliono correre i rischi, neanche di anticipare spese, associati a una copertura di €10.000, visto che hanno maggiori probabilità di avere incidenti, e preferiscono pagare un prezzo più alto pur di garantirsi una copertura completa.
I prudenti, invece, possono assumersi il rischio di una copertura parziale, in quanto hanno poche probabilità di avere incidenti.
Offrendo prodotti diversi a prezzi diversi, la compagnia di assicurazione ha portato gli individui a rivelare come sono davvero.
Questo equilibrio di mercato è chiamato “equilibrio separating (equilibrio di separazione)”. Nel caso dei notai offrire una polizza uguale per tutti, gratuita, in una opzione (la seconda opzione prevede anche la copertura di altri interventi ma non si pone il problema dell’assistenza diretta o indiretta che invece è rilevante per quello che abbiamo detto circa le condizioni della polizza sanitaria ottimale), cioè non distinguere e ad un tempo scoprire che essa lascia numerose strutture mediche che non danno assistenza diretta, costringendo i pazienti proprio per le cure più importanti e rilevanti e magari nelle migliori strutture, ad anticipare spese ingenti (certi interventi hanno almeno una spesa di € 50.000), non soddisfa queste condizioni.
Costringe a subire improvvisi sbilanci di reddito, a diminuire i consumi in un certo periodo, con conseguente anche di rilievo macroeconomico se fossero diffuse. Non tiene conto almeno di prevedere comunque un’assistenza diretta per interventi (ovunque siano fatti) che prevedano certi importi rilevanti (che superino comunque certe soglie) che in genere sono quelli più importanti e nei centri migliori.
Magari si potrebbe prevedere in questi casi una compartecipazione.
Se tutto ciò suona inverosimile basta richiamare cosa è avvenuto circa trent’anni anni sul mercato delle polizze sanitarie negli Stati Uniti.
All’epoca, le compagnie assicurative offrivano a tutti gli individui polizze a premio unico, molto generose e molto care. Ma appena i costi delle assicurazioni sanitarie iniziarono a crescere, questa strategia smise di essere redditizia. Le compagnie reagirono all’aumento dei costi offrendo due prodotti: un piano assicurativo tradizionale e un nuovo prodotto, erogato dalle cosiddette HMO (Health Maintenance Organization). Le HMO offrivano un’assistenza molto più limitata, per esempio un acceso meno ampio ai medici specialisti, ma chiedevano un premio molto inferiore.
Il risultato fu un massiccio spostamento verso questa nuova opzione da parte degli individui sostanzialmente sani, i cui costi/ benefici erano relativamente bassi: un classico esempio di equilibrio separating.
Ma, a differenza dell’equilibrio pooling, l’equilibrio separating è un fallimento del mercato. Gli sbadati ricevono qualcosa che avrebbero avuto anche in caso di informazione simmetrica: una copertura completa a un prezzo che è sì elevato, ma che essi sono comunque disposti a pagare. I prudenti, invece, non possono avere l’opzione che avrebbero preferito: copertura completa a un prezzo basso e attuarialmente equo. In questo caso di fallimento del mercato, le compagnie di assicurazione costringono i prudenti a scegliere tra copertura completa a prezzo alto e copertura parziale a prezzo inferiore: molti opteranno per la copertura parziale anche se non è la soluzione ottimale. Ottimale sarebbe offrire una copertura completa a entrambi i gruppi, ma a prezzi diversi, che riflettano i diversi rischi di infortunio associati a ciascuno di essi. Quindi, anche se si offrono prodotti separati, la selezione avversa può impedire ai mercati di raggiungere un risultato efficiente (6).
-Come funzionano le assicurazioni sanitarie
- Circa questo secondo punto, lasciando perdere la presenza di un servizio sanitario nazionale pubblico che costringe sempre più, per ragioni di bilancio e debito pubblico, a ricorrere ad un sistema sanitario privato, trascurando il sistema sanitario privato quando viene esercitato in regime di convenzione perché subisce gli stessi ritardi e liste di attesa di quello pubblico (“razionamento con mezzi diversi dai prezzi” si dice in economia il fenomeno delle liste di attesa) e non consegue quella che ho detto stabilizzazione dei consumi, rimanendo ad un sistema sanitario privato cui dovrebbe provvedere una polizza , abbiamo visto che chi è avverso al rischio preferisce finanziare spese incerte attraverso un’assicurazione, almeno quando può acquisirla a condizioni eque. Gli individui, le aziende, gli ordini professionali, la Cassa del notariato ecc… versano premi (mensili ecc..) a una compagnia assicurativa, che in cambio rimborsa ai fornitori sanitari una parte più o meno consistente del costo dei beni e servizi medici utilizzati dai pazienti (previa richiesta di indennizzo di quest’ultimi).
La maggior parte dei piani assicurativi prevede che una quota dei costi dei beni e servizi sanitari sia a carico del paziente, mentre il resto sarà coperto dell’assicuratore.
La quota a carico del paziente può essere definita in tre modi.
Franchigia annuale: in questo caso l’assicurato si fa carico del 100% della sua spesa annuale fino a un limite massimo; mentre la compagnia assicurativa pagherà totalmente o parzialmente le spese oltre tale limite.
Compartecipazione fissa alla spesa: l’assicurato paga una cifra fissa a fronte di un bene o servizio sanitario ricevuto.
Compartecipazione variabile alla spesa: questa formula prevede che l’assicurato sostenga una percentuale della spesa (il tasso di compartecipazione) anziché, come nel caso precedente, una cifra fissa, indipendentemente dall’importo totale.
Ora, utilizzando uno o più di questi tre modi, ma soprattutto l’ultimo, in combinazione con il c.d. equilibrio separating perché non è possibile far gravare, anche differenziando per soggetti (o categorie cioè notai oltre una certa età o un certo reddito ecc..i criteri possono essere molti e alcuni certi come l’età o il reddito dichiarato), parte o tutta la prestazione sanitaria a fronte di premi differenziati in modo che anziché prevedere “il tutto gratuito” per esempio della prima opzione oggi vigente, non si incentivi l’uso di cure mediche esagerate e di ammontare tale che non costituiscono motivo per intaccare la ricchezza o i risparmi.
Per esempio, per certe categorie di età o di reddito, una compartecipazione, o un premio differente a fronte di un’assistenza sanitaria diretta eviterebbe che chi può avere più bisogno (età) sia costretto a ricorrere ai risparmi o alla sua ricchezza, salvo un recupero dopo tempo. E in molti casi con grosse difficoltà. Tra l’altro negando i principi dell’assicurazione sanitaria ottimale, i motivi per cui si fa.
Questo in un periodo soprattutto in cui il servizio sanitario pubblico è fortemente differenziato per zone geografiche, alcune cure, quelle più costose o tempestive, possono essere ricevute solo da strutture di certe zone, dove a causa di una forte polarizzazione di reddito (non dimentichiamo che la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna e Lazio rappresentano gran parte del Pil italiano e al 2020 il Pil lombardo era circa il 22% di quello italiano, seguito da quello del Lazio con il 11,3% ,il Veneto con il 9,2% e l’Emilia Romagna con il 9%, ma in tre regioni si concentra la maggior quota di export ) si creano strutture con ingenti mezzi finanziari e strutturali (il capitale spesso va non dove ve ne è meno, ma dove ne esiste di più) e i medici vanno in zone ricche e più remunerative.
II° Paragrafo. Un’altra soluzione (provvisoria) per la polizza sanitaria del notariato.
Al di là delle considerazioni sopra indicate, stante la forte polarizzazione indicata con la concentrazione di medici (di un certo tipo e rilievo) e di strutture in certe zone, con cure da potersi effettuare necessariamente, di fatto, in certi centri a costi ingenti, sapere che per esempio con certi medici o strutture bisogna anticipare certe spese può essere penalizzante (pensiamo a centri come l’Istituto Besta di Milano, l’istituto Monzino di Milano, l’Istituto Rizzoli di Bologna, l’ospedale San Raffaele di Milano e in genere tutto il gruppo sanitario San Donato).
Come rimediare, senza alterare i conti?
Una volta che la compagnia di assicurazione ha ritenuto che la prestazione sanitaria in quei centri o con quel sanitario, rientra nel piano assicurativo, anche se in regime di prestazione indiretta, ma con la certezza del rimborso, nel caso specifico dei notai la Cassa del Notariato, per certi tipi di intervento (superiori a un certo ammontare o di una specifica tipologia) può anticipare al paziente la somma che la compagnia di assicurazione gli avrebbe rimborsato. La Cassa del Notariato può anticipare la somma alla struttura e poi avrà il rimborso (a questo punto certo) dalla compagnia di assicurazione. Non rischiando nulla. Eventualmente per questo anticipo, se il notaio, in modo opzionale e facoltativo, si vuole avvalere del sistema potrà essere costretto a partecipare oltre a quello che dovrebbe in base alle condizioni contrattuali? Per contribuire a formare una sorta di fondo?
Sarebbe da valutare. Ma sia la Cassa del notariato, sia la compagnia di assicurazione non avrebbero rischi una volta accertato che la prestazione rientra nell’oggetto dell’assicurazione.
Conclusioni
Il mio obiettivo era quello di verificare, stante la presenza di un moral hazard, quale fosse una politica sanitaria ottimale. Ho individuato la stessa in quella che lascia, con realismo, una quota (più o meno importante) a carico del paziente dei costi sanitari fino al raggiungimento di un limite di spesa che egli è in grado di sostenere e lo assicura totalmente sui costi insostenibili.
Per costi insostenibili comprendo anche ingenti anticipi di spesa. In una situazione, italiana, dove in pochi centri e sovraffollati si concentrano cure importanti, un ingente anticipo di spesa significherebbe porre a carico del paziente (anche notaio, soprattutto se pensionato o anziano) un onere non sostenibile.
Del resto l’esigenza (che deriva dalla copertura totale) è quella di ottenere anche sia una stabilizzazione dei consumi. Ma la copertura totale insieme con un accesso gratuito, a carico della Cassa del notariato in molti casi, potrebbe non conseguire il risultato: ci potrebbe essere un uso eccessivo del sistema sanitario. Perciò più che concentrarsi sui piccoli rischi e rimborsare le spese mediche minori, meglio concentrarsi sulla copertura delle grandi spese che sono anche associate a maggiori benefici in tema di stabilizzazione dei consumi e minori possibilità di moral hazard.
Tra queste grandi spese rientra l’intervento, per fare un esempio, di neurochirurgia o di cardiochirurgia al San Raffaele o al Besta o al Policlinico Gemelli senza dover passare da liste di attesa di un anno o dover anticipare €50.000 e oltre.
Per questo ricorrere in modo adeguato o combinato a quello che è detto equilibrio separating con l’uso di franchigie o compartecipazioni, può assicurare cure a soggetti che altrimenti avrebbero difficoltà a ottenere. Perlomeno ottenere subito.
Certo possono essere metodi che partono e fanno esercizio di realismo ma a volte per una politica (anche sanitaria, anche fosse di categoria) un’etica della responsabilità è migliore di un’etica della volontà. Una soluzione di second best (7) è preferibile, si potrebbe dire, ad altri assetti astratti.
Pertanto oltre a procedere in questo senso volendo ottenere come indicato una possibile copertura totale delle grosse spese mediche che prevedono anche solamente ingenti anticipazioni che influiscono sul benessere singolo ma anche collettivo (di categoria) ricorrendo a certi concetti si può appunto differenziare per giungere a risultati soddisfatti.
Inoltre altre soluzioni, magari temporanee, perché le prime richiedono la collaborazione e il dialogo con le compagnie di assicurazione, possono essere trovate. Come forme di anticipazioni effettuate non dal paziente ma dalla Cassa che poi è sicura di recuperare l’anticipazione.
Per scoraggiare un uso diffuso di questo secondo strumento che prevede almeno costi burocratici ed organizzativi in chi effettua l’anticipazione, si può prevedere per il paziente (che tra l’altro potrebbe non poter attendere) forme di compartecipazione o di pagamento di interessi per le somme.
L’importante ai fini di una stabilizzazione dei consumi del paziente e perché lo stesso non debba incidere il patrimonio o rinunciare o posticipare le cure è uscire da un sistema che prevede la gratuità per una opzione, incentivando i costi che scoraggiano le compagnie di assicurazione, con la pretesa di coprire tutto, prevede un premio per una seconda opzione di cure ma in realtà se si ha da affrontare una grossa spesa costringe a cercare solo certi medici o certe strutture limitando la scelta del paziente a soluzioni che possono essere non soddisfacenti.
Se la non soddisfazione, la sofferenza deve esserci, più che nella scelta del medico o della struttura sia in una compartecipazione alle spese o in una partecipazione alle spese per le anticipazioni di somme. Basta che questi oneri non siano, è ovvio pari all’entità richiesta per gli interventi medici. Tra l’altro sulle spese mediche maggiori il rischio di moral hazard è limitato. E nel caso la Cassa anticipasse la spesa, tale anticipazione avverrebbe dopo una valutazione della compagnia di assicurazione che ha verificato la sussistenza di tutti i presupposti.
Perciò i l problema che spesso la Cassa del Notariato non sembra cogliere, proprio perché esistono anche diverse “classi di notai “(quelli anziani, quelli con scarso repertorio, quelli con repertorio ultra milionario, ecc.) è che lo scopo di un’assicurazione sanitaria dovrebbe essere:
– evitare il moral hazard, cioè che tutti ricorrano all’assicurazione, i ricchi e i poveri, perché altrimenti a un certo punto i costi diventano insostenibili;
– stabilizzare i consumi degli assicurati, soprattutto quelli più refrattari al rischio.
Essi sono evidentemente, nel caso particolare, i più anziani e quelli con un repertorio più basso. Anche perché sono quelli che in tema di stabilizzazione dei consumi possono essere i più penalizzati.
Dare a tutti esami e interventi, anche esami e interventi che se affrontati personalmente (cioè quelli meno gravi) non destabilizzerebbero i consumi e il tenore di vita, significa di fatto penalizzare chi non è in grado per il reddito, di affrontare i grossi interventi. Fosse anche solo come anticipo di spesa.
Certi grossi interventi richiedono anticipi di spesa nell’ordine di 60.000€.
Questo destabilizza i consumi, come dicono gli economisti, non certo gli interventi sotto una certa soglia.
Per dare tutto a tutti e gratis (opzione A, salvo una franchigia che non scoraggia il moral hazard) finisce che lasciare scoperti gli interventi, per rimanere a Milano dove possono esistere centri medici in grado di sopperire ad esigenze mediche che in altre regioni non possono essere affrontate, ad esempio presso il San Raffaele, il Besta e il Monzino o fuori Milano al Rizzoli e non solo. Del resto ipotizzare, al di là delle polemiche sul “turismo sanitario” che ci possano essere 20 centri (uno per regione, di cardiochirurgia, di neurochirurgia, di ortopedia dove affrontare operazioni estremamente complesse, che richiedono uomini spesso insufficienti e strumenti) è utopistico.
Quelli elencati a titolo di esempio sono tutti posti dove vai per interventi importanti appunto dove devi anticipare 50/60 mila €. Posti dove arrivi da tutta Italia, perché la sanità pubblica in certe regioni ha una situazione tragica.
Tra l’altro per i grossi interventi è più facile controllare la loro fondatezza e quindi evitare il moral hazard, altrimenti detta sindrome da malato immaginario.
Le due proposte avanzate non sono rivoluzionarie, né eversive:
1- almeno per i più anziani (se non puoi per tutti) o per quelli con un repertorio sotto una certa soglia (equilibrio separating), anche utilizzando diversi criteri, bisognerebbe, per i grossi interventi (sopra una certa soglia, c.d. equilibrio separating) assicurare l’assistenza diretta.
Altrimenti destabilizzi i consumi
2- in subordine, per non destabilizzare né in consumi del notaio (“ricco o povero”) né i conti della Cassa, non si capisce perché una volta che l’assicurazione ha accettato di intervenire, anche se in modo indiretto, non possa la Cassa anticipare la spesa, posto che poi rientra dalla stessa. Eventualmente facendo dare al notaio, che vuole avvalersi di questa possibilità, un piccolo interesse.
Note
(1) per moral hazard si intende la tendenza a perseguire i propri interessi a spese della controparte, confidando nell’impossibilità, per quest’ultima, di verificare la presenza di dolo o negligenza. È stato coniato nel settore delle assicurazioni, dove gli assicurati tendono a modificare il loro comportamento riducendo la prudenza necessaria per evitare o minimizzare le perdite, rendendo così, di fatto, più elevati i rimborsi o pagamenti richiesti. Il moral hazard si presenta anche nella vita di tutti i giorni: se il guidatore è responsabile per tutti i danni, è probabile che guidi una macchina noleggiata più prudentemente che non quando questi siano coperti da assicurazione. Il rischio morale influisce sull’efficienza, perché i benefici extra ottenuti dagli assicurati sono spesso inferiori ai costi che ne conseguono, questi ultimi sostenuti dalla controparte. Gli incentivi al comportamento inappropriato rappresentano un problema nella misura in cui le possibilità di controllo o prevenzione siano scarse o eccessivamente costose.
(2) si veda Newhouse, Joseph P. e the Insurance Experiment Group, 1993, Free for All’? Lessons from the Rand Health Insurance Experiment. Cambridge (MA) Harvard University Press; Gruber Jonathan. The Role of Consumer Copayments for Health Care: lessons from the Rand Health Insurance Experiment and Beyond. Mit. Unpublished paper April ,2006; Gruber Jonathan. Scienza delle Finanze. Edizione italiana a cura di Simona Scabrosetti. Egea. 2018.pag. 238 e ss.
(3) le conseguenze di un sovrautilizzo (inefficiente) dei servizi sanitari possono essere illustrate, in economia, facendo riferimento a figure, a grafici, che rappresentano il rapporto tra la spesa sanitaria e il miglioramento della salute che ne consegue, ovvero “la curva di efficacia della sanità”. L’asse orizzontale, in genere, misura “il livello” della spesa sanitaria e l’asse verticale il “beneficio marginale in termini di salute” derivante da un ulteriore euro di spesa sanitaria. Per comodità, i benefici di salute sono espressi in euro cioè in altre parole il diretto interessato attribuisce al miglioramento della propria salute un valore monetario: 1€ di benefici equivale a un miglioramento della salute che per l’interessato è pari di 1€. Ogni punto della curva equivale al miglioramento marginale della salute generato da un ulteriore euro di spesa sanitaria. All’inizio, la spesa sanitaria è molto produttiva, nel senso che ottiene grandi miglioramenti di salute grazie a una serie di interventi medici con un rapporto costi/ efficacia vantaggioso (si pensi alla vaccinazione degli anziani per l’influenza). Un punto (ad esempio A) misura i benefici marginali di salute associati a un ulteriore euro di spesa sanitaria quando la spesa sanitaria è di 1.000€. In quella situazione spendere quell’euro in più ottiene un miglioramento della salute pari a 5€ (asse verticale), ossia genera benefici cinque volte superiori al costo marginale. Ma, man mano che la spesa sanitaria cresce si passa da interventi molto efficaci rispetto al loro costo a interventi la cui efficacia è molto meno evidente. Nel punto B, passare da 2.000€ a 2.001€ di spesa sanitaria accresce la salute di un valore pari a 1€, ossia uguale all’aumento di spesa. Nel punto C, passare da 5.000€ a 5.001€ di spesa sanitaria genera un miglioramento di salute del valore di appena 10 centesimi di €, ossia dieci volte minore dell’incremento di spesa. Ci sarà una situazione dove la curva di efficacia si appiattisce e un’ulteriore spesa non produrrà alcun miglioramento di salute o quasi. La teoria economica prevede che le persone smettano di utilizzare i servizi sanitari quando il beneficio marginale di salute che deriva da quei servizi è inferiore al loro costo marginale. In un mercato assolutamente concorrenziale, se le persone pagassero il costo pieno delle cure che ricevono un certo punto diventerebbe quello che rappresenta il livello socialmente ottimale della spesa sanitaria. Ma se al diretto interessato le ulteriori cure non costano molto, egli continuerà a chiederle finché la curva di efficacia non si appiattirà completamente. Questa domanda spinge, però, la società in un’area in cui con ogni euro di spesa sanitaria in più si compra meno di 1€ di salute in più. cfr. Gruber Jonathan. Scienza delle finanze cit.p.237 per il grafico circa la parte piatta della curva di efficienza:
(4) Chandra, Amitabh, Jonathan Gruber e Robin McKnight. Medical Price Sensitivity and Optimal Health Insurance for the Elderly. Mit ,unipublished paper. 2006
(5) Akerlof George. The market for Lemons: Quality Uncertainty and The Market Mechanism. Quarterly Journal of Economics. 84 (August) 1970. p.488-500
(6) Un problema di selezione avversa si verifica in una condizione di asimmetria informativa quando un attore del mercato meglio informato sfrutta le informazioni in suo possesso per trarre vantaggio di un altro attore del mercato che non dispone di quelle informazioni. Oltre che nel famoso esempio fatto da Akerlof nel suo articolo, un esempio è presentato in uno studio di Cutler e Reber della Harvard University (Cutler David M., Reber Sarah J. Paying for Health Insurance: the trade -off between competition and adverse selection. Quarterly Journal of Economics 113 (maggio) 1998.pag. 433-466).Harvard offriva ai suoi dipendenti un’ampia varietà di piani assicurativi, alcuni molto più generosi di altri (comprendendo la copertura di più costose operazioni chirurgiche. I prezzi praticati nei confronti dell’Università da parte delle compagnie di assicurazione variavano in funzione degli assicurati che usufruivano effettivamente dei trattamenti medici coperti dal piano assicurativo. Se per esempio si registravano molti malati tra gli assicurati con un certo piano e quindi i suoi costi salivano, le compagnie assicurative applicavano all’Università premi più alti. È il sistema detto experience rating: il prezzo stabilito è funzione degli esiti realizzati.
È equivalente ex post dell’aggiustamento attuariale. Quest’ultimo stabilisce il prezzo sulla base dell’esperienza attesa, l’experience rating consiste nel fissare un prezzo sulla base dell’esperienza reale o realizzata.
I costi erano ripartiti tra l’Università e i suoi dipendenti. Harvard tutelava i suoi dipendenti accollandosi una quota maggiore del costo dei piani più generosi e più cari, in modo tale che i dipendenti si trovassero a sostenere costi analoghi, indipendentemente dal piano scelto. Perciò per i lavoratori l’aggravio da sostenere per ottenere un’assicurazione più generosa era piccolo. Nel 1995 Harvard passò ad un sistema in cui l’istituzione contribuiva con lo stesso importo per ogni piano assicurativo.
Così i dipendenti per le assicurazioni più generose e costose dovevano assumersi costi maggiori.
I due autori hanno osservato che il nuovo sistema incrementava notevolmente il fenomeno della selezione avversa. Prima del 1995, molti individui sceglievano i piani più generosi perché i prezzi erano molto simili a quelli dei piani meno generosi. Si stabiliva un equilibrio di pooling in cui sia i malati e sia i sani sceglievano l’assicurazione (completa) generosa. Quando invece, i dipendenti si sono trovati a dover pagare molto di più per beneficiare della maggior copertura, alcuni di loro hanno scelto piani assicurativi meno costoso mentre i meno sani hanno continuato a scegliere i piani più generosi. In altre parole il gruppo di assicurati si spostava verso un equilibrio separating, in cui i sani contraevano assicurazioni meno generose a prezzi più bassi e i meno sani sceglievano le assicurazioni più generose e più costose.
Poiché, però i meno sani usufruivano di cure mediche in misura maggiore, i premi legati all’esperienza (che rispecchiano l’utilizzo medio dei servizi medici da parte degli assicurati) dei piani più costosi aumentarono sensibilmente. Dato che l’università si accollava solo un ammontare fisso indipendentemente dal costo totale dell’assicurazione, i maggiori costi dei piani più generosi ricadevano su chi li aveva scelti, con la conseguenza di una fuga ancora più consistente degli individui più sani verso soluzioni assicurative più abbordabili.
Si arrivava ad una spirale di premi più alti che spingevano i più sani ad abbandonare i piani più generosi e, quindi, a rincari ancora maggiori (poiché gli assicurati restanti erano mediamente più malati) e a nuovi esodi dei più sani. Questa tendenza è continuata finché il piano più generoso è diventato così costoso da non essere più offerto. La selezione avversa ha così compiuto il suo percorso. L’esito è stato inefficiente perché gli individui che volevano un’assicurazione molto generosa non potevano più permettersela a nessun prezzo.
(7) Quando il first best è impedito dalla mancata realizzazione di una o più condizioni, il second best può portare ad introdurne ulteriori può mitigare gli effetti negativi della prima. Per es., se un’impresa monopolistica nella sua attività di produzione causa danni all’ambiente che si traducono in svantaggi per altri agenti economici, si è in presenza di due violazioni delle condizioni di first best. la prima dovuta al fatto che la forma di mercato non è la concorrenza perfetta, la seconda all’esistenza di esternalità negative. Se non è possibile eliminare quest’ultima distorsione, proporsi di sostituire la concorrenza perfetta (richiesta dal first best) al monopolio potrebbe peggiorare la situazione: con il cambiamento della forma di mercato, infatti, la produzione aumenterebbe e ciò aggraverebbe i danni ambientali e le esternalità. Questo effetto negativo potrebbe eccedere l’effetto positivo e diretto sul benessere che avrebbe la maggiore disponibilità di beni conseguente all’eliminazione del monopolio; se ciò avvenisse, il s. b. consisterebbe nel tollerare il monopolio.