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Risoluzione 20/E Agenzia Entrate: tassazione applicabile agli atti di risoluzione per mutuo consenso di un precedente atto di donazione

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Tassazione applicabile agli atti di risoluzione per mutuo consenso di un precedente atto di donazione – articolo 28 del DPR 26 aprile 1986, n. 131 e articoli 67 e 68 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917.

Nell’ambito delle attività svolte dal Tavolo di lavoro congiunto istituito, con protocollo d’intesa sottoscritto il 29 ottobre 2010, tra il Consiglio Nazionale del Notariato, quale organo di rappresentanza dell’ordine professionale dei notai, e l’Agenzia delle entrate, sono state esaminate, tra l’altro, alcune questioni interpretative, sottoposte all’attenzione della scrivente con istanze di consulenza giuridica, connesse con la tassazione applicabile agli atti di risoluzione per ‘mutuo consenso’, senza previsione di corrispettivo, di atti di donazione aventi ad oggetto diritti reali immobiliari.

Con risoluzione 14 novembre 2007, n. 329, è stato affermato che l’atto di risoluzione del contratto per ‘mutuo consenso’ deve essere assoggettato all’imposta di registro in misura proporzionale, ai sensi dell’articolo 28, comma 2, del Testo unico dell’Imposta di Registro, approvato con DPR 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito TUR).

E’ stato chiesto di conoscere se tale interpretazione trovi applicazione anche nel caso di risoluzione per ‘mutuo consenso’, senza previsione di alcun corrispettivo, di un atto di donazione di immobili.

In proposito, è stato sostenuto che tale atto debba essere ricondotto nell’ambito dell’imposta sulle successioni e donazioni. L’atto di risoluzione, per il quale non viene previsto un corrispettivo, configurerebbe, infatti, un atto a titolo gratuito e dovrebbe, pertanto, essere assoggettato alla disciplina prevista dal legislatore per tali atti.

Con riferimento al quesito proposto, appare utile rilevare, in via preliminare, che l’articolo 1372 del codice civile stabilisce, al comma 1, che “Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalle legge ...”.

La richiamata disposizione riconosce, dunque, alle parti del contratto, la possibilità di sciogliere, di comune accordo, il contratto concluso.

L’articolo 1321 del codice civile definisce il contratto come “l’accordo di due o più parti per costituire regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.

Dall’esame delle richiamate disposizioni, si desume l’ammissibilità del negozio risolutorio convenzionale, che viene concluso dalle parti al fine di estinguere un precedente rapporto giuridico patrimoniale ed eliminarne gli effetti giuridici prodotti.

La Corte di Cassazione, con sentenza 6 ottobre 2011, n. 20445, ha avuto modo di chiarire, con riferimento ad una risoluzione per ‘mutuo consenso’ di un contratto di compravendita, che “la risoluzione convenzionale integra un contratto autonomo con il quale le stesse parti o i loro eredi ne estinguono uno precedente, liberandosi dal relativo vincolo e la sua peculiarità è di presupporre un contratto precedente fra le medesime parti e di produrre effetti estintivi delle posizioni giuridiche create da essi”.

APPROFONDISCI –> Risoluzione 20/E